NON E’ INCOSTITUZIONALE LA NOTIFICA DELL’ISTANZA DI FALLIMENTO PRESSO LA CASA COMUNALE ALL’IMPRENDITORE IRREPERIBILE.

NON E’ INCOSTITUZIONALE LA NOTIFICA DELL’ISTANZA DI FALLIMENTO PRESSO LA CASA COMUNALE ALL’IMPRENDITORE IRREPERIBILE.
29 Giugno 2016: NON E’ INCOSTITUZIONALE LA NOTIFICA DELL’ISTANZA DI FALLIMENTO PRESSO LA CASA COMUNALE ALL’IMPRENDITORE IRREPERIBILE. 29 Giugno 2016

La Corte Costituzionale con la sentenza 18 maggio 2016, n. 146 ha chiarito che “non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, della legge fallimentare sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 della Costituzione”. Ciò in quanto la ratio del novellato art. 15 della legge fallimentare, che prevede che la cancelleria debba trasmettere “il ricorso e il decreto … all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore”, sta nel contemperare il diritto di difesa dell’imprenditore con le esigenze di celerità e speditezza del procedimento concorsuale. Se quindi il fallendo è irreperibile, ma la la situazione di irreperibilità è imputabile a lui stesso, il Tribunale non è onerato dall’adempimento di ulteriori formalità. In caso di impossibilità della notifica dell’istanza di fallimento e del decreto di convocazione del debitore, sarà onere del creditore provvedere alla notificazione, a mezzo Ufficiale Giudiziario, mediante “deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso” (art. 15, comma 3, l. fall). Proprio relativamente a tale ‘onere’ la Corte d’Appello di Catanzaro aveva rimesso la questione alla Corte Costituzionale, dubitando che l’anzidetta disposizione fosse in contrasto con l’art. 3 Cost., “per l’irragionevole ed immotivata disparità di trattamento cui darebbe luogo rispetto alle modalità richieste per la notifica ‘ordinaria’ a persona giuridica” e l’art 24 Cost. “in quanto la disciplina censurata prevedrebbe modalità di notifica che non comportano neanche astrattamente la conoscibilità della pendenza della procedura a carico dell’impresa collettiva, destinataria dell’istanza di fallimento”. Per la Corte Costituzionale invece la disposizione di cui all’art. 15 l.fall. non viola né il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), né tantomeno il diritto di difesa (art. 24 Cost.). Sotto il primo profilo (asserita violazione dell’art. 3 Cost.), la Corte Costituzionale ha infatti evidenziato che “a differenza della disposizione di cui all’evocato art. 145 c.p.c., il riformulato art. 15 l. fall. si propone di coniugare quella stessa finalità di tutela del diritto di difesa dell’imprenditore (collettivo) con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale. La specialità e la complessità degli interessi, che il legislatore del 2012 ha inteso tutelare con l’introdotta semplificazione del procedimento notificatorio nell’ambito della procedura fallimentare, segnano, dunque, l’innegabile diversità tra il suddetto procedimento e quello ordinario di notifica ex art. 145 c.p.c.”. Per quanto riguarda invece la lamentata violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. la Consulta ha stabilito che “il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, è adeguatamente garantito dalla norma denunciata, proprio in ragione del duplice meccanismo di ricerca della società”. La società debitrice infatti viene “notiziata prima presso il suo indirizzo di Pec, del quale è obbligata a dotarsi e a mantenere attiva” e “solo dopo l’infruttousa attivazione di tale primo meccanismo segue la notificazione presso la sede legale, ossia presso quell’indirizzo che la società deve obbligatoriamente indicare nell’apposito registro delle imprese”. Di talchè, solamente in caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, si avrà “il deposito dell’atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale”, il quale “ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, dei descritti obblighi impostigli dalla legge”. ‘A rischio e pericolo’ dell’imprenditore quindi il non avere attivato un indirizzo di posta elettronica certificata e/o non aver inserito l’indirizzo (corretto) della sede legale della società nel registro delle imprese per le eventuali notificazioni.

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